Le origini del dialetto vegnino (Viegnin)
Viegnin
Le seguenti annotazioni rappresentano un’analisi assolutamente personale, sono graditi approfondimenti storici e più documentati da parte di chiunque voglia contribuire alla ricerca e ben vengano analoghe considerazioni su paesi vicini.
Che dialetto si parla, o meglio, si parlava, a Vegni?
Oggi purtroppo sono sempre meno le persone che conoscono i dialetti locali e ancora più esiguo è il numero delle persone che li parlano tra loro correntemente. Dico purtroppo perché la lingua locale è un patrimonio culturale di straordinaria importanza e non riesco a capire perché (ma questo vale ovunque) ogni anno, in qualunque parte del mondo, si celebrino feste, incontri e mercatini, si ripercorrano vari “sentieri della memoria”, naturalistici ed enogastronomici e poi si faccia molto poco per la “conservazione” dell’antica parlata locale.
Torniamo all’oggetto e scusatemi per lo sfogo...
Non abbiamo nulla di scritto che ci possa far capire quali caratteristiche avesse il dialetto di Vegni nel passato più lontano. Quanto di scritto ritrovato spulciando qua e là in Canonica, qualche anno fa, riportava prevalentemente scritte in latino, oppure in un italiano, magari incerto, ma sicuramente lontano dalla parlata di tutti i giorni della popolazione.
-ndr: Sarebbe interessante, a tal proposito, e alla luce del lavoro che è stato fatto principalmente da Anna e Carlo, dare nuovamente una spulciata a quel materiale. Pur non avendo tale documentazione, possiamo tuttavia fare qualche valutazione empirica.
Chi è nato a Vegni e soprattutto chi ancora ci vive parla prevalentemente il dialetto genovese - bravo Andre, direte voi, venti righe per dircelo...
Due annotazioni sono però secondo me interessanti:
1. É incredibile notare come a Cabella Ligure, distante appena 10 km, si parli un dialetto completamente diverso, un piemontese sporco che del genovese ha quasi solo la cadenza e che riprende, in buona parte, il dialetto basso-piemontese dell’arquatese e del novese.
2. Il dialetto di Vegni, genovese evidentemente in parte contaminato proprio dalla parlata di cui sopra, ha alcune sue “deviazioni” particolari, come ad esempio:
• “aigua” invece del genovese “ægua” per indicare “acqua”;
• “t’è facciö” invece di “t’è fætö” per dire “hai fatto”;
• “‘Na Costa” "Una Costa" (nel senso dell’unica costa che è la nostra costa - luogo di riferimento per la nostra merenda infantile di Pasqua e nostra estrema dimora)
• Importante l’articolo determinativo “Er” al posto del classico genovese “U”. Esempio: Er paià , er cuntadin, er gran, er messiè (il nonno), er barba (lo zio)
• Ancora l’etimologia stranissima e unica con cui si indicano alcuni luoghi o zone intorno al paese, come “‘Na Puziöê” o “Mesuô” che indicano rispettivamente i piani sul “poggio” sopra il paese, e i boschi in una piccola area pianeggiante a metà strada dal fondo valle (in genovese non viene usata la desinenza “–ô” (con l’accezione a indicare una zona pianeggiante)
Quelli indicati sono solo alcuni esempi: cosa dimostrano? Di scientifico non c’è nulla, ma possiamo dedurre qualcosa.
Per esempio, dimostrano che l’influenza genovese comunque è fortissima, d’altronde i nostri “viégi” (vecchi) ci raccontavano che era assolutamente normale andare a piedi a Caprile o Torriglia, dall’altra parte dell’Antola rispetto a Vegni e ciò è segno di passati scambi commerciali/culturali con il territorio ligure tanto quanto con la più accessibile bassa Val Borbera.
Se anzi limitassimo la nostra “indagine storica” all’analisi linguistica, facendo un'ipotesi azzardata di cui dovremo chiedere conferma e testimonianza, potremmo concluderne che Vegni ha avuto, in passato, più contatti con le valli liguri dell’Antola che non con la bassa Val Borbera. Evidentemente, infondeva più sicurezza superare i monti salendo alle proprie spalle, piuttosto che scendere lungo il torrente verso il Borbera.
É da scartare, invece, l’ipotesi che si parli genovese perché la villeggiatura sia di origine prevalentemente genovese: la maggior parte dei villeggianti, per anni, è stata composta da famiglie che un tempo risiedevano a Vegni, loro stessi o i loro nonni/padri/zii: pertanto pensare che avessero un loro dialetto, che poi risiedendo a Genova è diventato genovese e tornando a Vegni ne abbiano contaminato la parlata, è ipotesi difficilmente sostenibile.
Ci rimane quindi, da sottolineare come il relativo isolamento del paese, rispetto alla valle alla quale geograficamente appartiene, abbia portato a sviluppare un dialetto (e forse anche altri aspetti genetico-sociologici) quasi “autoctono” e comunque assai diverso da quanto parlato, per anni e anni solamente a pochi chilometri più a valle.
D’altronde, chi viene a Vegni per la prima volta ha sempre lo stesso commento, non appena sceso dalla macchina: “Mamma mia che strada!!!!”.
Magari sta pensando a qualche scorcio paesaggistico dell’ultimo tratto, ma è più probabile che pensi soprattutto alle curve impervie e tortuose che da fondo valle portano in paese. Se proviamo a immaginare cosa volesse dire non avere una strada, ma una semplice mulattiera, per arrivare a fondo valle, comprenderemo che Vegni potrebbe essere stato un “mondo a parte” per molto molto tempo...
- Andrea Crosetti -
(con informazioni supplementari e importanti precisazioni a cura di Adriano Ruppen)